La spettacolare performance di Antonio Marras a New York: lo stilista di Alghero conquista gli USA
La speranza di una vita migliore, il desiderio di conoscere e incontrare nuove realtà, l'ambizione; dal lato opposto, l'attaccamento alle radici, l'incertezza, la paura di allontanarsi da quanto già si conosce: si muove sui contrasti l'ultima performance che Antonio Marras, creativo e stilista di Alghero, ha presentato pochi giorni fa all'Istituto italiano di Cultura a New York per la XVII Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI (Associazione Musei d'Arte Contemporanea Italiani).
La performance è andata in scena il 6 dicembre scorso come evento inaugurale dell'installazione "Aporìa" a cura di Valeria Orani, realizzata sulla scalinata dell'Istituto con fili, legni e tessuti che "legano" tra loro gli spazi, e che sarà visitabile ancora nelle prossime settimane da lunedì a venerdì dalle 10 alle 20.
"Aporìa" era per i greci antichi l'impossibilità di dare una risposta precisa a un problema, nell'incapacità di scegliere tra due soluzioni che sembrano valide entrambe. Le due alternative nell'esistenza umana sono restare e andare: scegliere tra una vita sicura e stabile, o provare a muoversi e conoscere altre culture. Il tema del viaggio è particolarmente caro ad Antonio Marras che pur mantenendo le sue radici, la casa e il laboratorio ad Alghero si muove oggi in tutto il mondo alla continua ricerca di ponti e legami creativi. Viaggiatori e viaggiatrici sono gli ispiratori dei suoi abiti, dove forte è la traccia della Sardegna nella scelta di colori e tessuti ma tantissime sono le suggestioni provenenti da paesi e tempi lontani; particolarmente sentito anche il sentimento verso la Sardegna che, come ogni isola, da un lato si mostra accogliente e sicura come un nido, dall'altro può essere anche prigione con sbarre troppo strette che impediscono di guardare oltre.
Sul viaggio, e in particolare sul nostro passato (e presente) di emigrazione si concentra la performance dal titolo "Andando restando" con cui Marras ha inaugurato l'installazione: lo spettacolo, realizzato con la coreografia di Marco Angelilli, è stato prodotto da 369gradi e accompagnato dalla voce del contralto Maurizio Rippa. In scena, Gabriel Da Costa e Francesco Napoli che hanno interpretato due emigrati, vestiti di pochi stracci e carichi di valigie pesanti, che percorrono la scalinata in preda all'oppressione e all'insicurezza mentre trascinano con sé funi e catene. I due rappresentano il viaggio, ma anche la paura dell'arrivo, le difficoltà incontrate nel paese che li accoglie, il miraggio di una vita che si rivela ben diversa da quella tanto desiderata.